La mia storia delle donne / Mon histoire des femmes

La mia storia delle donne non è la mia, bensì quella che ne fa la storica Michelle Perrot nel libro Mon histoire des femmes. Qui di seguito, un riassunto.

Scrivere la storia delle donne è passare dal silenzio alla parola. silenzio delle fonti : le donne lasciano poche tracce dirette scritte o materiali. L’accesso alla scrittura è più tardivo, i cronisti accordano loro un interesse ridotto o stereotipato perché sono tutti uomini. L’autodistruzione delle tracce (es : bruciare i diari o le lettere in fin di vita) si opera poiché alle donne è stato inculcata l’idea di essere insignificanti e hanno interiorizzato un forte sentimento di pudore. Se scrivono lo fanno prima della nascita dei figli e dopo che hanno lasciato la famiglia, perché nel periodo di mezzo non hanno il tempo per farlo. Due luoghi sono propizi alla scrittura femminile: i conventi e i saloni. Resta il fatto che nel teatro della memoria, le donne sono ombre leggere. La nascita di una storia delle donne avviene negli anni 190 in GB e negli USA, a seguito di fattori scientifici (interrogazioni legate alla crisi dei sistemi di pensiero) e sociologici (l’istruzione delle donne e il loro ingresso nelle università).

Il corpo delle donne colpisce per la sua longevità, ma è una fatto recente dovuto al miglioramento delle condizioni del parto. Nel Medioevo il tasso di mortalità era superiore agli uomini proprio a causa di ciò. Alla nascita, la bambina era meno desiderata (Françoise Héritier l’ha chiamata la valenza differenziale tra i sessi), nelle campagne si suonavano meno a lungo le campane per il battesimo o il funerale di una donna. L’infanticidio delle bambine era una pratica antica che sopravvive in India e Cina. Prima del XX s, esistono pochi racconti della vita delle bambine. Esse sono educate più che istruite. La loro scolarizzazione è in ritardo rispetto ai maschi. In Francia sono le leggi Ferry (1881) ad instaurare la scuola laica e gratuita per i due sessi fino a 12 anni. L’istruzione delle bambine si opera alle elementari negli anni 1880, alle medie attorno al 1900 e nelle università solo dopo il 1950. Prima, l’educazione e istruzione della bambina era in mano alle famiglie e alla chiesa. Scrivere per le donne non fu facile e la loro scrittura accantonata alla sfera privata. Pubblicare le rendeva oggetto di derisione.

Proteggere la ragazza era importantissimo perché le violenze sessuali erano frequenti. Disonorata, alla ragazza non restava che la prostituzione. Fino al XIX s., era punibile solo lo stupro collettivo; negli altri casi, si presupponeva che la ragazza fosse consenziente. Sarà qualificato quale crimine solo nel 1976. Le malattie “delle ragazze”, come la melanconia o l’anoressia, espressione del disagio verso l’unica possibilità che avevano, ovvero il matrimonio (condizione normale per il 90% attorno al 1900), aprivano loro le porte degli ospedali psichiatrici. Il matrimonio d’amore annuncia la modernità nel XX s. e i termini dello scambio diventano più complessi. Appare il criterio della bellezza. La donna sposata è dipendente e perde il suo cognome. Il codice civile patriarcale imposto da Napoleone non le lascia alcun diritto, è dipendente anche dal dovere coniugale e la sterilità è sempre attribuita a lei; può essere “corretta” dal marito, come un bambino. Picchiare la moglie è tollerato, bastava essere una “cattiva casalinga”. I capelli sono il simbolo della seduzione femminile, il velo è portato nel mondo mediterraneo. L’apostolo Paolo afferma: la donna deve portare sulla testa il marchio della sua dipendenza. Nel XIX s., une donna come si deve si copre la testa. Le prime a tagliarsi i capelli furono le studentesse russe degli anni 1870-80, poi in Europa durante gli Anni Folli. Il sesso femminile è visto come una mancanza, un difetto. Già per Aristotele, la donna è un uomo mancato. L’isteria porta le donne verso la reclusione psichiatrica. La maternità comincia ad essere limitata nel Rinascimento grazie al matrimonio più tardivo, l’astinenza e il coito interrotto. La natalità è controllata anche dalla mortalità infantile, anche se sono numerosi gli infantici e gli aborti. Spesso queste donne erano serve messe incinte dal loro padrone, che se denunciate affrontavano un processo in solitudine : i padri non venivano perseguiti. L’aborto era praticato anche da donne con molti figli. La pillola vede la luce nel 1956, nel 1967 si legalizzano in Francia i contraccettivi e la legge Veil legalizza l’aborto nel 1975. Gli ostacoli vengono dalla chiesa e dalla politica di natalità dello stato. Il parto, anticamente un sapere femminile gestito da donne, diventa un sapere maschile che sposta i parti negli ospedali per maggiore sicurezza.

La gamma di violenze perpetrate contro le donne è enorme, dallo ius primae noctis del Medioevo allo stupro collettivo, alle violenze domestiche o sul lavoro. I conventi erano luoghi di reclusione ma anche rifugi contro il potere maschile. Le protestanti erano più emancipate delle cattoliche e più attive nel femminismo. Les formes di reclusione non si limitano al convento : ginecei, harem, camera delle dame nei castelli feudali, case vittoriane, case chiuse. La donna va « protetta ».

I religiosi erano misogini e le donne furono quindi attirate dai « contro-poteri ». erano molte nelle sette perché alcune spronavano a una più grande uguaglianza. Le beghine erano una comunità di donne che vivevano insieme grazie al loro salario guadagnato con la cura medica o con il lavoro tessile. Considerate pericolose, furono perseguitate dall’Inquisizione, che del resto attaccò tutte le donne che deviavano dalla norma. Esse furono chiamate streghe e bruciate. In nome della scienza, si sono eliminate le figure della diversità.

Le donne hanno sempre lavorato e la società non si sarebbe potuta sviluppare e riprodursi senza il lavoro domestico gratuito. L’industrializzazione nel XVIII s., pone la questione del lavoro delle donne: possono esse guadagnare un salario? A lungo sono state contadine : nella Francia prima della Seconda Guerra mondiale costituivano la metà della popolazione femminile ed erano le donne più silenziose, nascoste tra le pieghe della gerarchia patriarcale. Il lavoro domestico resiste all’evoluzione verso l’uguaglianza. Tre sono le figure di lavoratrici domestiche: la casalinga, la padrona di casa, la serva (l’odierna donna delle pulizie). La casalinga è molto occupata e gli operai la preferiscono a casa; la padrona di casa dipende dai soldi che le dà il marito; ma la maggior parte del lavoro domestico è svolto contro pagamento: sono le serve, la cui giornata lavorativa è quasi infinita. L’industrializzazione pone la domanda : come conciliare il lavoro domestico con la fabbrica? Gli operai hanno paura della concorrenza femminile anche se è temporanea (prima dei bambini e dopo che sono cresciuti, come per la scrittura) e se non mette in discussione la gerarchia. Gli uomini saranno promossi, quando le donne entreranno in massa nel mercato del lavoro terziario e le loro occupazioni saranno a carattere domestico e femminile: corpo, apparenza, cure. In realtà non c’è concorrenza tra uomini e donne. La prima donna avvocato lo sarà nel 1899, nel 1914 ci saranno qualche centinaio di donne medico. L’insegnamento è considerata la professione ideale per una donna, ma anche questo settore è fortemente gerarchizzato: sono il 98% negli asili, 78% alle elementari; 56% alle medie, 34% alle superiori e solo 16% à l’università. L’insegnante era sovente nubile e meno pagata del suo collega maschio, anche se fu la prima professione, nel 1920, a fare oggetto di una legge sull’uguaglianza salariale. Le insegnanti sono state le prime intellettuali.

Le donne sono sempre più presenti nello spazio pubblico e nel XX s. rimpiazzano gli uomini nelle fabbriche durante la guerra, per essere poi riportate alle cucine dai regimi fascista e nazista. Lo spazio politico resta ancora oggi il più difficile da conquistare per le donne.

Mon histoire des femmes – Résumé du livre de Michelle Perrot

Écrire l’histoire des femmes: passer du silence à la parole. Silence des sources : les femmes laissent peu de traces directes, écrites ou matérielles, leur accès à l’écriture est plus tardif. Les chroniqueurs leurs prêtent une attention réduite ou stéréotypée, car ils sont des hommes. La (auto)destruction des traces (par exemple bruler les carnets intimes ou les lettres) s’opère car les femmes sont pénétrées de leur insignifiance et d’un sentiment de pudeur qu’on leur a inculqué. De plus, il est écrit surtout avant la naissance des enfants, faute de temps, après. Deux lieux ont été propices à l’écriture des femmes : les couvents et les salons. Au théâtre de la mémoire, les femmes sont ombre légère. La naissance d’une histoire des femmes advient en GB et aux USA dans les années 1960, due à des facteurs scientifiques (questionnement lié à la crise des systèmes de pensée) et sociologiques (entrée des femmes dans les universités).

Le corps des femmes frappe par sa longévité, mais ceci est assez récent. Au Moyen âge, le taux de mortalité était supérieur aux hommes à cause de la mortalité à l’accouchement. À la naissance la fille est moins désirée (Françoise Héritier l’a appelée : la valence différentielle des sexes), dans les campagnes on sonnait moins longtemps les clochers pour le baptême ou l’enterrement d’une femme. L’infanticide des filles était une pratique ancienne qui perdure massivement en Chine et Inde. Avant le XX s, il existe peu de récit de la vie des petites filles. On éduque les filles, plus que les instruire. La scolarisation des filles est en retard par rapport aux garçons. En France, les lois Ferry (1881) instaurent l’école laïque gratuite pour les 2 sexes jusqu’à 12 ans. La scolarisation des filles s’est opérée dans le primaire dans les années 1880, dans le secondaire autour du 1900 et après 1950 dans les universités. Avant, famille et religion étaient les piliers de l’éducation des filles. Écrire pour les femmes ne fut pas chose facile, leur écriture est cantonnée au domaine privé (lettres, comptabilité…). Publier était sujet à des sarcasmes.

Protéger la fille est une hantise, le viol étant courant. Déshonorée, elle est vouée à la prostitution. Jusqu’au XIX s., seul le viol collectif est punissable, si c’est le fait d’un individu, la fille est toujours présumée consentante. Il sera qualifié de crime seulement en 1976. Les filles ont leurs maladies : mélancolie, anorexie, qui traduit le refus de la seule issue : le mariage, qui est la condition normale de 90% des filles vers 1900. Le mariage d’amour annonce la modernité au XX s., et les termes de l’échange se complexifient : la beauté s’y fait jour. Elle est dépendante et perd son nom ; le Code civil patriarcal imposé par Napoléon ne lui laisse aucun droit ; elle est dépendant aussi du devoir conjugal, la stérilité lui est toujours imputée ; elle peut être corrigée comme un enfant indocile. Battre sa femme est toléré : « meunier doit être maître chez lui », dit-on. Les cheveux sont la marque de l’être féminin, le voile est courant dans le monde méditerranéen. L’apôtre Paul affirme : la femme doit porter sur la tête la marque de sa dépendance. Au XIX s., une femme comme il faut se couvre la tête. Les cheveux sont aussi la séduction. Les première à se les couper furent les étudiantes russes des années 1870-80, ensuite en Europe dans les années Folles. Le sexe féminin est vu comme un manque, un défaut. Déjà pour Aristote, la femme est un homme raté. L’hystérie, maladie supposée féminine, fraye le chemin de la psychiatrisation des femmes. La maternité commence à pouvoir être limitée à la Renaissance par le mariage tardif, l’abstinence, le coït interrompu. La natalité est restreinte aussi par la mortalité infantile, bien qu’il y ait beaucoup d’infanticides et d’avortements. Souvent il s’agissait de servantes engrossées par leur maître. Dénoncées, elles sont traduites en justice dans une extrême solitude : les pères se dérobent et on ne les poursuit pas. L’avortement est pratiqué aussi par les mères multipares. La pilule est mise au point en 1956, en 1967 on légalise les contraceptifs, la loi Veil en France légalise l’interruption de grossesse en 1975. Les obstacles viennent de l’église et de l’état et leur politique nataliste. L’accouchement, savoir de femme, devient médicalisé et savoir d’homme.

La gamme de violences faites aux femmes est énorme, à partir du droit de cuissage au Moyen Age, au viol collectif, à l’harcèlement sexuel. Les femmes battues étaient légion, celles engrossées par leurs maîtres également. Il suffisait d’être mauvaise ménagère.

Les couvents étaient des lieux de relégation, mais aussi de refuges contre le pouvoir masculin. Au niveau de religion, les protestantes étaient plus émancipées que les catholiques et plus actives dans le féminisme. Les formes d’enferment sont nombreuses : gynécées, harem, chambre des dames dans les châteaux féodaux, maison victorienne, maison close. Il faut « protéger » les femmes.

Les clercs étaient misogynes et les femmes étaient donc attirées par les « contre-pouvoirs ». Nombreuses dans les sectes, car certaines préconisaient une plus grande égalité culturelle et sexuelle (comme chez les lollards, les bégards ou les hussites). Les béguines étaient une communauté de femmes vivant ensemble, de leur salaire gagné dans les soins médicaux ou travail textile. Considérées comme dangereuses, l’Inquisition s’en prit à elles. Les femmes déviantes de la norme furent appelées sorcières et brûlées. Au nom de la science, on éradique les figures de l’altérité.

Les femmes ont toujours travaillé et la société n’aurait pas pu se développer et reproduire sans le travail domestique. L’industrialisation au XVIII s., pose la question du « travail des femmes », peuvent-elles accéder au salariat ? Elles ont été longtemps paysannes : en France à la veille de la Seconde Guerre mondiale près de la moitié l’étaient. Ce sont les femmes les plus silencieuses, enfouies dans la hiérarchie patriarcale. Le travail domestique résiste aux évolutions égalitaires. Trois figures de travailleuses domestiques : la ménagère, la maîtresse de maison, la bonne (ensuite femme de ménage). La ménagère est très occupée et les ouvriers la préfèrent au foyer ; la maîtresse de maison dépend de l’argent qui lui alloue son époux ; mais une part important du travail ménager est rémunéré, ce sont les bonnes, dont la journée est quasi illimitée. L’industrialisation pose la question : comment concilier le ménage avec l’usine ? Les ouvriers redoutent la concurrence des femmes même s’il est temporaire : avant les enfants et après qu’ils ont grandi.

Aujourd’hui les femmes sont dans le tertiaire mais le caractère du travail est toujours domestique et féminin : corps, apparences, soins. En 1936 les femmes occupent les grands magasins. Après il y aura les bureaux ; les hommes y obtiendront de reclassements favorables, ce qui montre que les femmes ne sont pas des concurrentes des hommes. La première avocate sera Jeanne Chauvin en 1899. Les femmes médecins quelques centaines autour de 1914. L’enseignement était considéré une profession idéale pour une femme, mais elles sont 98% au niveau maternel, 78% au primaire ; 56% au secondaire et 34% dans le supérieur, 16% à l’université. L’enseignante était souvent célibataire et moins payée qu’un homme, bien qu’en 1920 ce fut le premier métier à bénéficier d’une loi obligeant à l’égalité salariale. Elles sont les premières intellectuelles.

Les femmes sont de plus en plus dans l’espace public au XX siècle et remplacent les hommes dans les usines pendant la guerre. Les régimes totalitaire, fascistes et nazi les remettent «  à leur place ». L’espace politique reste le plus difficile à conquérir.

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