Scrivere la vita delle donne

Faremmo meglio a interpretare un ruolo da protagonista nello sconosciuto e banale film della nostra vita” (La lettera G, p. 203)

 

Eravamo solo donne alla presentazione de La lettera G a Ginevra. La cosa non mi ha colto di sorpresa perché la letteratura è donna: la maggior parte degli uomini sembra avere altri interessi e priorità. E va bene così, anzi, va benissimo. Perché il mio romanzo ha come protagonista una donna, e questo per un motivo molto semplice: io sono una donna. Ecco perché scrivo di donne. Questa non è un’affermazione anodina: gli uomini hanno scritto molto, soprattutto sugli uomini e per gli uomini. Ma addirittura, essi hanno scritto (o parlato) anche delle donne. Attraverso i secoli e secondo i costumi del momento, gli uomini hanno definito le donne e le loro vite, hanno deciso quali dovessero essere le loro passioni e le loro gioie, hanno descritto le loro frustrazioni, hanno parlato dei loro sentimenti e delle loro sensazioni, hanno attribuito loro ruoli che alcune non avrebbero scelto. Spesso si è trattato di ruoli di comparsa, che hanno impedito alle donne di essere protagoniste della loro vita. Come accade alla Gina del mio romanzo. La riconoscete?

La vita delle donne raccontata dalle donne stesse è fatto relativamente recente e questo libro è un primo passo per sfuggire a una visione androcentrica e ridare voce alle donne, perché parlino sempre di più e in prima persona di quello che dà loro gioia, tormento, soddisfazione o frustrazione. Sommersa da secoli di silenzio, la vita delle donne possiede una ricchezza infinita che occorre recuperare e narrare, non importa sotto quale forma. Perché ogni donna ha almeno una storia da raccontare: la sua.

Ringrazio il gruppo intelligente e interessato per aver posto domande che hanno aperto una discussione appassionante, tutta al femminile.

5 thoughts on “Scrivere la vita delle donne

  1. Forse ho scoperto questo blog troppo tardi…
    … perché ho perso due anni fa mia sorella, di tre anni più “piccola” di me, morta per un tumore del polmone (che ho anch’io che le sopravvivo), una donna giovane rimasta presto vedova con due figlie piccole, trasferitasi nella città in cui vivo oggi dal paese di origine, una casalinga che aveva il sogno di lavorare e di aprire una sua libreria, una donna colta (aveva frequentato l’università a Bologna) che leggeva tanto (ha lasciato un biblioteca casalinga ricchissima) e che probabilmente ha vissuto tanti momenti di solitudine “imposta” come tu dici in un altro post, sentimenti di frustrazione anche rispetto a me che lavoravo e avevo una vita ricca di relazioni, una donna che avrebbe potuto raccontare tanto della sua vita… Ma tra di noi non era facile la comunicazione, dato che siamo state separate fin da piccole, visto che io sono stata messa in un collegio di suore Orsoline a Milano, a quasi 1000 chilometri da casa…
    Quando finalmente la malattia (prima la mia, poi la sua) ci aveva riavvicinate con tanta tenerezza rimasta nascosta fino a quel momento, è arrivata la fine…

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    • Anche a me è capitato il sentimento di arrivare troppo tardi. Ma è anche quello che mi ha aperto il cuore, che ha ravvivato la mia sensibilità. Oggi sono una donna più attenta, più sensibile, ed è il regalo più bello che possa farci chi se n’è andato troppo presto. Non è facile, scrivere storie, soprattutto se non sono le proprie. Ma può aiutare ad andare avanti. E a ridare luce e splendore a quelle esistenze considerate a torto insignificanti.

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  2. L’ha ribloggato su LE PAROLE PER DIRLOe ha commentato:
    Questo breve intervento mi ha fatto pensare immediatamente a mia sorella Gabriella, morta troppo presto, prima di me e prima di poter raccontare le tante vite da lei vissute, la vita da studentessa di liceo e poi all’università di Bologna, quella di casalinga (che non amava…) e di madre di due figlie, il senso di solitudine provato rimanendo sola dopo la morte del coniuge, il sogno coltivato a lungo di aprire una sua libreria, il desiderio di relazioni sociali difficili da realizzare in una città che non è la tua, la diagnosi devastante di una malattia che non le ha lascato scampo…
    “Sommersa da secoli di silenzio, la vita delle donne possiede una ricchezza infinita che occorre recuperare e narrare, non importa sotto quale forma. Perché ogni donna ha almeno una storia da raccontare: la sua” dice Manuela Bonfanti.
    E Gabriella sicuramente aveva una lunga storia da raccontare, anche se la sua vita è stata troncata così bruscamente! In me rimane un rimpianto che non finirà mai…

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